Un estratto dalla rivista Volvo «Freedom to Move»
Gli ultimi mesi hanno messo a dura prova un ottimista dichiarato com Marc Sway. Ora il musicista guarda con più fiducia a un futuro costellato di nuovi progetti entusiasmanti.
Marc Sway, sei quasi sempre sorridente e di buon umore. Quanto sono stati duri gli ultimi mesi per un ottimista come te?
Questo periodo è stato soprattutto un grande cambiamento per me. A noi musicisti è stato quasi imposto il divieto di lavorare. Suonare per 50 persone non vale la pena.
Come hai vissuto questo periodo emotivamente?
Ho attraversato diverse fasi. All’inizio, come tutti gli altri, volevo capire innanzitutto in quale situazione ci trovavamo. Ero dipendente dalle notizie e con il cellulare sempre in mano. Mi sentivo sopraffatto perché ancora non si riusciva a inquadrare la pandemia e i suoi effetti. Poi c’è stato il momento dell’autoriflessione: come affronto la nuova situazione? Cosa faccio se perdo la mia occupazione principale? Come occupo il mio tempo? Quanto tempo occorre a una persona per riorientarsi? È stata una fase molto interessante.
Quali risposte hai dato a queste domande? Hai trovato un nuovo assetto?
Ho iniziato subito a scrivere nuove canzoni. Un musicista è anche un osservatore del suo tempo e, nella migliore delle ipotesi, riesce a trasformare situazioni così particolari in musica. In questo periodo è nata anche l’idea di fondare con Bligg una sorta di supergruppo di pop svizzero che abbiamo chiamato BLAY. Prossimamente pubblicheremo un album e inizieremo una tournée insieme. La decisione di formare una band è stata presa durante il periodo del coronavirus.
In passato hai già lavorato con Bligg. Perché c’è voluta una pandemia per mettere in moto questa collaborazione?
Bella domanda. Da un lato, entrambi avevamo molto più tempo del solito. Per quanto mi riguarda, ho dovuto cancellare più di 60 concerti nel 2020. Di conseguenza si sono creati nuovi spazi. Tuttavia, un progetto così non è una garanzia di successo. Azzardare un passo di questo genere in un periodo pieno di incertezze richiede molto coraggio. Chi ci dice che quest’anno riusciremo a suonare? Ma, per l’appunto, io sono un ottimista! (Ride)
Come dobbiamo immaginarci il progetto legato a questa band?
Finora sono stato sempre solo un ospite per Bligg, come per un «featuring» in una canzone. Ora siamo una vera band; un po’ come quando i calciatori si ritrovano a giocare insieme nella squadra nazionale. Abbiamo provato un paio di cose nuove e ridefinito alcuni aspetti. Volevamo creare assolutamente qualcosa di originale e non solo riproporre le solite cose. Siamo una vera band, questo è ciò che conta per noi.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di avere un «supergruppo»?
I nostri fan volevano questa band già da tempo. Era arrivato il momento giusto per crearla, ed entrambi avevamo tanta voglia di fare questo esperimento. Ci sono molti vantaggi nel far parte di una band come questa. Si condividono gioie e dolori e non si devono prendere sempre tutte le decisioni da soli. Naturalmente, prima di fare questo passo, ci siamo anche posti delle domande sulla scelta di mettere insieme due personalità alfa come le nostre. Persone che sono abituate a decidere tutto da sole. Senza dubbio dovevamo innanzitutto imparare a riconoscerci come band.
Ci sono attriti quando due star si uniscono?
Ovviamente anche tra noi a volte volano scintille. Ma Bligg ed io abbiamo un rapporto quasi fraterno. Quando discutiamo, può capitare che alziamo la voce, ma poi siamo subito amici come prima. Il fatto che ci conosciamo da sempre e che abbiamo un percorso simile alle spalle sicuramente ci è di aiuto.
Entrambi avete anche interessi simili e vi impegnate per rendere la Svizzera una nazione aperta e cosmopolita.
È vero. Entrambi abbiamo dovuto lottare duramente per farci strada, non ci è stato regalato niente. Queste esperienze segnano e uniscono le persone in un certo qual modo. Siamo due tipi positivi, che vogliono unire le persone e non metterle le une contro le altre. I nostri concerti devono essere una grande festa per ogni persona, indipendentemente dalla provenienza, dall’età e dal conto in banca. Per noi contano le emozioni vere, e più la Svizzera è variegata, meglio è.
Per fine anno è previsto un grande spettacolo dei BLAY all’Hallenstadion.
Esattamente. Nel dicembre 2021 scalderemo l’Hallenstadion a ritmo di rock, nonostante tutte le attuali incertezze. (Ndr: a causa della situazione attuale legata alla pandemia di coronavirus l’evento è stato posticipato al 2022). Questo annuncio per me non vuol dire solo essere ottimisti, ma significa che è il momento di guardare avanti e aprire un nuovo capitolo. In una situazione difficile è normale fermarsi all’inizio e non sapere come comportarsi. Poi, però, bisogna andare avanti. Tutti noi stiamo vivendo realtà sempre nuove. Per questo è importante accettare queste realtà e sfruttarle al meglio.
Da dove proviene questa tua intraprendenza?
Sono una persona positiva per natura. (Ride) Penso che il fatto di compiere passi avanti e sapersi arrangiare faccia anche un po’ parte dell’indole di un musicista. È un suo compito, proprio come per un clown far ridere la gente.
Durante la pandemia, alcuni musicisti si sono limitati a lamentarsi della situazione.
Non voglio criticare nessuno. Ognuno deve trovare da solo il modo di affrontare le crisi. Per tanti, anche nel settore della musica, era in gioco la propria sussistenza, c’era il timore di perdere tutto. Penso sia comprensibile. Io, invece, sento dentro di me il desiderio di guardare avanti e adattarmi alle nuove realtà. Ma per me è più facile che per un tecnico delle luci, ad esempio, che durante la pandemia non ha potuto svolgere il proprio lavoro e non ha avuto alternative…
E tu stesso non hai temuto di perdere tutto?
Sono abituato ad attraversare fasi in cui non guadagno nulla o quasi nulla. Ad esempio quando scrivo nuove canzoni o quando non faccio concerti. Ma, ovviamente, anche per me il budget si è ristretto.
In compenso hai allargato i tuoi orizzonti e sei diventato una stella del cinema.
Una stella del cinema, sì, esatto! (Ride) Ho recitato una parte in «Eden für jeden», la nuova pellicola di Rolf Lyssy. Sono un suo grande fan: «I fabbricasvizzeri» è un film molto importante per me. Anche io sono, per così dire, figlio di un «fabbricasvizzeri»: mia madre è brasiliana e mio padre svizzero. Hanno dovuto sposarsi in fretta per permettere a mia madre di rimanere in Svizzera, proprio come nel film di Rolf Lyssy. A maggior ragione è stato un onore per me quando mi è stato chiesto di interpretare questo ruolo.
Non avevi alcuna esperienza come attore. Eri preoccupato?
Altro che! Conosco molto bene le mie capacità di cantante e musicista, ma non avevo mai avuto a che fare con la recitazione. Per questo ho riflettuto a lungo se cimentarmi in un nuovo mestiere in cui sarei stato un facile bersaglio di critiche. Sia da parte degli altri che di me stesso, perché, dopotutto, sono un perfezionista. Alla fine, il desiderio di lavorare con Rolf ha superato ogni paura. Inoltre, credo che bisogni uscire ogni tanto dalla propria zona di comfort per fare nuove esperienze. Nella vita non si dovrebbe mai smettere di imparare e provare cose nuove, anche se a volte si può cadere. Questo film per me è stato un po’ come la prima volta in cui sono salito su uno skateboard.
E pensi di essere caduto?
Non credo, ma lascio che siano anche gli altri a giudicarlo. Le critiche che ho ricevuto sono state molto positive. Alcune potrebbero non essere state del tutto sincere. (Ride)
L’estate scorsa hai parlato di razzismo sui media…
Sono molto prudente quando faccio dichiarazioni pubbliche. Il movimento «Black Lives Matter» mi tocca molto da vicino perché sono figlio di due culture diverse. Per questo ho pensato di avere il diritto di esprimermi sull’argomento. Tuttavia, vedo anche che in questo momento si creano in poco tempo nuovi movimenti a cui tutti aderiscono senza conoscerne il background o senza farsi alcun tipo di domanda. Sono sempre pronto a schierarmi a favore di una buona causa. Al giorno d’oggi, però, anche per via dei social media, non ci si può appassionare a una problematica e passare subito dopo a un’altra. Spesso le intenzioni sono buone, ma quando lo si fa per le ragioni sbagliate, è controproducente. È importante analizzare sempre bene la situazione e mantenere un occhio critico.
Quanto sei critico verso il tema della sostenibilità?
Fondamentalmente penso che più ci prendiamo cura del nostro mondo, meglio è. Sono convinto che il trend a favore della sostenibilità sia una buona cosa. È necessario porsi delle domande al riguardo? Assolutamente sì. Ci si deve chiedere, ad esempio, dove la sostenibilità abbia davvero senso e dove, invece, sia più un’ipocrisia. Ma è fantastico aver capito che non c’è bisogno di volare dall’altra parte del mondo per ogni riunione e che, a volte, è sufficiente una videochiamata su Zoom. Inoltre, è evidente che essere più attenti, più solidali e più informati è un bene per tutti. Su questo non dobbiamo avere dubbi, e se poi da un’idea valida dovesse nascere anche un business redditizio, per me va bene.
Quanto è importante per te la sostenibilità nella mobilità?
È un tema complesso perché in molti settori siamo ancora all’inizio. Per esempio, io guido una Volvo XC90 Recharge Plug-in Hybrid e ho imparato che posso proteggere l’ambiente solo se ricarico sempre la batteria per il motore elettrico di notte. Tuttavia, è importante anche essere sensibilizzati a questo tema.
Che uso fai della tua auto come musicista?
La mia XC90 a volte è un po’ come un’astronave per me. È una specie di rifugio in cui il Marc Sway artista può trasformarsi nel Marc Sway papà. Mi piace moltissimo viaggiare in auto e poter staccare la spina.
Ascolti la musica in auto?
Non subito dopo i concerti, non ho bisogno di altra adrenalina. Altrimenti sì. Dopo che ho scritto una nuova canzone, la ascolto nella mia XC90 per capire se funziona. È solo quando si è al volante che ci si rende conto se una canzone è bella. Perché in auto non sono più il cantautore, ma un ascoltatore. Ho questo cambio di prospettiva solo quando sono in auto; avviene in automatico. Alcune canzoni di Marc Sway non hanno superato il test a bordo della Volvo e sono scomparse per sempre nello spazio. (Ride)
Essendo un appassionato del sound, avrai sicuramente installato l’impianto high end di Bowers & Wilkins.
Ovviamente! Avere un buon impianto audio in auto è la prima cosa a cui presto attenzione!
Foto: © Ruben Sprich